Le fibre alimentari aiutano a mantenersi in salute e contribuiscono a prevenire le malattie cardiovascolari e l’insorgenza del diabete di tipo 2. Per questo i ricercatori del CREA (centri di Cerealicoltura e Colture Industriali e di Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura) hanno voluto inserirle in uno degli alimenti più diffusi, sviluppando il primo pane di grano duro “ad alto contenuto di fibre”, arricchito con le fibre contenute nella farina di agrumi. Ne abbiamo parlato con la dottoressa Elisabetta Macorsini, biologa nutrizionista di Humanitas.
Farina di agrumi e integrale tradizionale, le differenze
Dal punto di vista chimico-fisico, le fibre di agrumi, di differenti tipologie e in diverse percentuali, non hanno avuto alcun impatto sulla conservabilità del pane, sul volume e sul peso, sulla struttura interna e sul pH. Dal punto di vista sensoriale, il pane arricchito con fibre di arance rosse e di limone presenta un leggero sapore agrumato, ma qualitativamente risulta simile a quello che ne è privo. Inoltre, l’aggiunta di fibre di arance rosse e di limone nella farina di grano duro consente di produrre pane ad alto contenuto di fibre, perché presenta valori superiori ai 6 g per 100 g di prodotto. Il pane integrale tradizionale, invece, si compone anche dello strato più esterno del seme (la cosiddetta crusca a foglia larga), quella parte che contiene fibra 100% insolubile, non digeribile e che può incidere negativamente sulle caratteristiche fisiche e sensoriali dei prodotti da forno (volume, altezza, alveolatura interna, aspetto esterno, rugosità della crosta, odore, colore, sapore). A differenza, quindi, di un pane prodotto con uno sfarinato integrale 100% di grano, quello arricchito con le farine di agrumi preserva le caratteristiche fisiche e sensoriali del pane tradizionale, ma con un maggiore valore nutrizionale.
Farina di agrumi, una soluzione ecologica?
La farina di agrumi, costituita per oltre il 70% da fibra di cui, per circa il 60% da fibre insolubili e per il 40% da fibre solubili, si ottiene dopo numerosi lavaggi ed essiccazione dal pastazzo (buccia, polpa e semi), un sottoprodotto della lavorazione degli agrumi che ancora oggi rappresenta un rifiuto particolarmente oneroso, con elevati costi di smaltimento e problematiche ambientali, vista la produzione pari a circa 500.000 tonnellate all’anno. Lo studio, realizzato insieme al Dipartimento di Agricoltura Alimentazione e Ambiente dell’Università di Catania, è stato recentemente pubblicato sulla rivista Frontiers in Nutrition. L’uso di fibre di agrumi nella panificazione, quindi, può essere anche considerato un’alternativa ecologica per il riutilizzo e la valorizzazione degli scarti e dei sottoprodotti della lavorazione degli agrumi.